Lavorare online tra consulenza e assistenza
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La protagonista di questo post è una professionista brava e competente che fa parte di Rete al Femminile di Bologna alla quale sono iscritta ed è proprio lì che ci siamo incontrate.
Conosce le nuove professioni digitali e ama lavorare con le piccole attività che si affacciano su questo mercato.
Lei è Elisa Antolini, iscritta all’Ordine dei Dottori Commercialisti di Bologna (n. 2557/A) ed al Registro dei Revisori Legali.
E come scrive nella sua bio “Veneta di origine. Lombarda per formazione. Emiliana di adozione. Sposata con un calabrese. La geografia è il mio forte, ma anche i numeri”.
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Elisa, bentrovata! Con grande piacere ho la possibilità di porti delle domande a cui non si pensa prima di aprire una attività online e poi iniziano i guai.
Ma prima vorrei che ti presentassi. Raccontami di te e di cosa ti occupi.
Buongiorno Michela, grazie per aver pensato a me.
Sono commercialista, specializzata in piccole attività. Seguo i miei clienti nelle fasi più delicate del loro percorso, quella iniziale e (meno frequentemente) quella finale. Offro anche consulenza fiscale nel corso dell’attività “ordinaria”, ma sicuramente la parte più stimolante del mio lavoro è accompagnare le persone nei loro momenti più complessi.
Cerco di farlo con spiegazioni semplici, consigli molto pratici e, perché no, dando spunti anche collaterali alla fiscalità. Mi piace cercare di accendere lampadine nella testa delle persone. A volte quello che serve è solo un po’ di luce, e tutto diventa subito più chiaro.
Seguo principalmente professionisti, artigiani e associazioni. Piccole attività ma con grandi sogni, come i miei.
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Il commercialista mi può aiutare a capire se la mia è una buona idea e vale la pena aprire la partita iva?
Sì, sicuramente il commercialista è una persona che ti aiuta a trovare gli strumenti per capire se è il momento giusto per te per metterti in proprio e se c’è un progetto che ha un mercato.
Spesso i clienti arrivano da me dopo aver fatto un percorso personale di “motivazione”, con un coach, uno psicologo, o anche solo dopo averci pensato a lungo. Insieme vediamo se i numeri sono maturi o meno, vederli su carta aiuta molto nel processo di decisione e consapevolezza.
È possibile fare insieme un business plan, anche se spesso, per le attività più piccole, è semplicemente un conteggio molto sintetico destinato a capire l’entità dell’investimento necessario e a simulare le tempistiche del suo rientro economico.
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Cosa differenzia un commercialista da un commercialista che è esperto di nuove attività digitali?
Non tutti i miei clienti iniziano con me la loro attività. Diversi arrivano da altri studi, dove lamentano di essere trascurati, un po’ perché piccolini, un po’ perché hanno spesso quesiti “strani”.
Ecco, i professionisti dell’era digitale pongono quesiti peculiari della loro attività.
Hanno spesso acquisti e vendite dall’estero, acquistano e vendono prodotti digitali, progettano esperienze e non beni, vendono tramite marketplace o inventano progetti per i quali non esiste ancora una legislazione ben definita, viaggiano molto, sottoscrivono abbonamenti ai servizi più disparati.
Per cui un professionista che abbia esperienza in queste casistiche è per loro fondamentale, per sentirsi liberi di progettare sapendo che qualcuno li aiuterà a farlo nel modo corretto.
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Quali sono in campanelli di allarme e le domande da fare un commercialista per capire che sa di cosa ci occupiamo e quindi può attribuire il giusto Ateco e consigliarci se iniziamo a vendere prodotti digitali?
Il codice Ateco è importante perché delimita l’ambito di applicazione della nostra attività. Possiamo avere anche più codici Ateco, inoltre il codice si può evolvere con la nostra attività, è importante porsi periodicamente delle domande per capire se rimane quello giusto per noi.
Per la vendita di prodotti digitali dobbiamo prima capire chi siamo. Impresa o professionista? Se professionista, sto vendendo anche una consulenza abbinata al prodotto o solamente questo prodotto? Chi sono i miei acquirenti, italiani o stranieri? Quale è il mio prodotto, uno stampabile, un libro, un file musicale, una videochat su Zoom?
Quando si iniziano a proporre questi prodotti è fondamentale studiarne la struttura e la modalità di vendita (anche quella di incasso) con il proprio commercialista per farlo nel modo corretto e per poi poterlo promuovere senza pensieri.
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Se sono un dipendente di azienda privata posso aprire la partita iva? Devo pagare l’Inps?
Sì, solitamente si può aprire partiva iva. Ci sono però diverse accortezze da mettere in pratica.
Innanzitutto bisogna capire quante ore lavori, se sei part time o full time. Se l’intenzione è di sostituire un giorno il lavoro dipendente con quello in proprio o se l’idea è di continuare ad affiancarli.
A seconda del tipo di attività ci sono profili contributivi da analizzare, per esempio potresti trovarti a pagare una doppia contribuzione all’Inps in alcuni casi, o a non dover versare. È necessaria un’analisi specifica del caso.
Inoltre è importante il confronto con il datore di lavoro, invito sempre i miei clienti a farsi rilasciare un’autorizzazione scritta al fatto che il datore di lavoro è consapevole che stiano attivando un’attività in proprio, anche se in ambito totalmente diverso.
Sono spesso le donne a gestire due attività congiuntamente, d’altra parte siamo noi ad avere i superpoteri.
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È obbligatoria la partita IVA per vendere su internet?
Proprio in questi giorni sto vendendo sul marketplace di Facebook, su alcuni siti e su Ebay delle cose del mio bimbo che non mi servono più. Ecco, in questo caso non serve partita iva, l’attività è sicuramente occasionale.
Ma se sto pensando a fare di questo un’attività continuativa nel tempo, allora mi devo porre il problema di vendere con partita iva. Non è sempre obbligatoria, ma qualora non sia rinvenibile l’occasionalità, allora lo diventa.
Sul concetto di occasionalità, ancora poco definito a livello legislativo, ci sono molti dubbi. Ma se ho uno shop su Etsy da molti anni, ed ho numerose vendite e contatti, sicuramente non sono occasionale. In tal caso la partita iva è necessaria.
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L’intervista con Elisa Antolini si chiude qui e la ringrazio per gli spunti di riflessione e anche molto pratici per pensare al business online.
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Ora, se hai ancora voglia di leggere, ti racconto brevemente la mia brutta esperienza all’inizio della mia attività professionale.
A tre mesi dall’apertura della partita IVA, un pomeriggio di giugno, arriva una lettera della Guardia di Finanza che mi invita a recarmi presso la Tenenza indicata, per avere chiarimenti sulla mia attività.
Temo di incorrere in una grossa multa perché circa venti giorni prima, grazie ad un webinar a pagamento tenuto da una commercialista specializzata nel digitale con tema “Assistenti Virtuali e fiscalità”, scopro che ho un codice Ateco sbagliato, non inerente alla mia attività.
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Ok, sono d’accordo che gli Ateco dovrebbero essere aggiornati con le nuove professioni digitali, ma io ne avevo uno che mi inquadra come programmatrice e non c’entrava granché con i miei servizi di back office, contenuti per il web e supporto Social Media.
Vatti a fidare…
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Torniamo all’invito della Guardi di Finanza. L’Assistenza Virtuale è una professione innovativa e giustamente vogliono capire di che si tratta. Spiego tutto, fornisco i documenti richiesti, mostro il sito. Per loro è tutto chiaro e in regola. Mi raccomandano di allineare l’Ateco con la mia attività e posso tornare a casa serenamente.
Peccato che prima di andare all’appuntamento con in finanzieri, io abbia inviato al consulente tributario a cui mi sono affidata e al suo team, ben 5 email e 3 PEC per chiedere aiuto e segnalare l’Ateco non in linea, perché voglio supporto prima di andare alla Guardia di Finanza.
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Mando al tributarista un’ultima email, senza speranze, tanto ormai me la sono cavata egregiamente da sola con la GdF e comunico in modo lapidario:” Dopo numerose richieste di contatto per l’incontro della GDF e l’Ateco sbagliato, vi siete fatti di nebbia. A questo punto vi sputtano sul web“.
Il tributarista mi chiama poco dopo.
Discutiamo animatamente. Accampa scuse di disguidi e assenze e rispondo che la sua disorganizzazione non deve ricadere sui clienti. Pretendo il rimborso della parcella pagata per l’apertura della mia partita IVA, cosa che fortunatamente avviene di lì a qualche giorno.
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Sono senza un appoggio fiscale e così parte la mia ricerca.
Faccio vari colloqui infruttuosi con altri commercialisti: pare che il digitale sia qualcosa a loro estraneo e lo capisco dalle lunghe pause e dal fatto che cambiano voce quando si vogliono vender per qualcosa che non conoscono bene.
Finalmente trovo quella giusta. Mi prende in carico, controlla la mia attività e che non ci siano magagne e mi assegna l’Ateco giusto.
Abitiamo in due città lontane e lei è abituata ad usate gli strumenti online e piattaforme digitali per dialogare con i clienti. Ogni volta che ho un dubbio anche da poco, scrivo un’email e lei o il suo staff mi supportano in giornata.
Quelli come lei sono commercialisti che hanno deciso di capire la realtà e lavorare con freelance e piccoli business.
Con il tempo ho capito che tanti commercialisti affermano di potermi aiutare nella gestione di una attività di servizi online e prodotti digitali. In pratica scopro presto, che mi metterebbero nei guai: ignorano dinamiche sottili da freelance, e mi trattano come una pezza da piedi perché rispetto ai clienti grossi, gli porto poco.
Ecco la mia disavventura: sono incappata in un tributarista che si spacciava velatamente per commercialista, assolutamente disorganizzato e un po’ codardo.
Ora che hai tutte queste informazioni, sai che un commercialista on vale l’altro e va scelto con molta cura.
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